Era il 6 Settembre 2015 quando Papa Francesco durante l’Angelus domenicale disse:

“Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama a essere ‘prossimi’ dei più piccoli e abbandonati.

A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: ‘Coraggio, pazienza!…’. La speranza è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura.

Pertanto, in prossimità del Giubileo della misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa a esprimere la concretezza del Vangelo accogliere una famiglia di profughi.

Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Mi rivolgo ai miei fratelli vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che misericordia è il secondo nome dell’amore: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’”.

Il vangelo degli scartati

Il “Punto Famiglia Villa Pettini” in quanto associazione di famiglie a servizio della famiglia ed avendo a disposizione numerosi spazi si sentì chiamato ad accogliere questo grido di Papa Francesco.

La Nascita di Bethesda

Nel 2016 dopo un approfondito discernimento il Punto Famiglia Villa Pettini ha dato vita insieme alla Fondazione Giovanni Paolo II a “Bethesda”, un’opera di misericordia, una casa di accoglienza per famiglie di richiedenti asilo.

La mezza medaglia

Le famiglie dei rifugiati che sono a Bethesda dobbiamo immaginare che abbiano una medaglia spezzata.

A noi è stata data l’altra metà della medaglia.

La mission di “Bethesda”

mettersi in ascolto, prendersi cura, accompagnare le famiglie di richiedenti asilo

Dal febbraio 2016 sono state accolte e accompagnate (insegnamento della lingua, assistenza legale, supporto psicologico, avviamento al lavoro, seconda accoglienza) a Bethesda 80   persone, 18 famiglie e sono nati 14 bambini

Sedersi alla stessa tavola

 Progressivamente ci è sembrato sempre più chiaro che dopo il primo passo di avvicinarsi, riconoscere e accostarsi ai richiedenti asilo ed il secondo passo di accoglierli, era necessario il terzo passo quello che consentiva a queste famiglie di “sedersi alla nostre tavole, di sentirsi a casa con noi, di sentirsi in famiglia”.

 Il “sedersi alla stessa tavola” è espressione che più ci piace rispetto a integrazione.

Gli ultimo non sono gli oggetti delle nostre buone intenzioni ma i soggetti del cambiamento

 Non agiamo soltanto “per” i richiedenti asilo ma “con” i richiedenti asilo

Per rispondere a questo bisogno ben definito ci sono parsi evidenti quattro pilastri su cui impostare il nostro intervento:

  • la formazione professionale e il lavoro,
  • la scuola,
  • la casa,
  • l’inserimento nelle nostre comunità sociale, civile, ecclesiale, promuovendo partecipazione e rappresentanza
 
Last modified: 3 Novembre 2024